Mamma mandami un pacco se no divento un salmone anch’io!

Agosto 2009, inizio dell’Erasmus: figata! Destinazione Copenhagen, tanto il freddo è freddo ovunque! (seee...).



Dev’essere alquanto significativo che due di quelli che sarebbero diventati tra i miei più grandi compagni d’avventura per 6 mesi a Copenhagen li ho incontrati il mio primo giorno in città, in un supermercato del centro. Non scherzo affatto quando dico che, in mezzo ad un intero negozio, li ho “riconosciuti” subito come “anime gemelle” e non solo perché dall’aspetto era evidente che non fossero danesi, ma soprattutto perché avevano il mio stesso punto interrogativo in volto. Un paio di giri tra gli scaffali ognuno per i fatti propri, per poi ritrovarci casualmente nella stessa corsia, dove uno dei due ragazzi ha avuto il coraggio di dare voce ai pensieri di tutti quando, con un accento siciliano che non saprei replicare, si è chiesto come fosse possibile che un pacco di pasta costasse quasi 3 euro e cosa avremmo mai mangiato per i mesi successivi. 


Loro non ricorderanno quel momento, ma il giorno dopo li ho conosciuti di persona e abbiamo vissuto in simbiosi per  5 mesi. 5 mesi in cui, tra spadellate in compagnia, “scones” a colazione nella mensa dell’università e bagel al salmone a mezzogiorno, ho preso 8 chili (più che altro sono loro che hanno preso me, a giudicare anche dalla fatica per poi buttarli giù). Non volevo mangiare male, il fatto è che proprio tutto ciò a cui ero abituata semplicemente non c’era! Al posto delle mie abitudini, salmone preparato in ogni modo, burro come se non ci fosse un domani e salse come se piovesse (io che a stento mangiavo il ketchup…). 
 
La mia disperazione non doveva essere particolarmente malcelata, visto che a metà della mia permanenza  è finalmente arrivato un pacco di mamma e papà. E non è che dentro ci fosse chissà che, ma vi assicuro che quel chissà che a me sembrava il paradiso: parmigiano, biscotti con le gocce di cioccolato (quelli famosi che ti fanno venire le energie per sopravvivere anche nella giungla), sughi, torta fatta in casa, cose così insomma. Manco un regalo di Natale avrebbe mai dato così tanta soddisfazione. Ed è stato in quel momento che ho capito che la nostra cultura enogastronomica è allo stesso tempo nostra croce e delizia. La parte relativa alla delizia è ovvia: nessuno ha a disposizione la varietà che abbiamo noi, i prodotti locali che in tutta Italia variano da una provincia all’altra dando spazio a qualsiasi immaginazione e accontentando qualsiasi palato. Croce perché, mentre a tutto il resto del mondo ogni piatto sembra buonissimo, noi invece lontano da casa siamo sempre un po’ persi. Perché ragazzi, va bene l’etnico, va bene la nuova cultura e la sperimentazione, va bene il “sono in un Paese nuovo voglio provare il cibo locale!” ma 5 mesi di burro e bagel al salmone mettono in crisi qualsiasi fegato  (… e altre parti del corpo dove notoriamente poi si vanno ad accumulare).

Sfido chiunque a non aver vissuto almeno un momento del genere lontano da casa

Unknown

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